COMUNICATO STAMPA
SECONDO CONVEGNO NAZIONALE DEI CENTRIANTIVIOLENZA “LE DONNE PRODUCONO SAPERE SALUTE CAMBIAMENTO”.
Marina di Ravenna 28 e 29 novembre
Il oltre cinquecento donne, provenienti da ogni angolo del paese e rappresentanti di più di cento Centri Antiviolenza e Case delle donne, si sono incontrate per il secondo Convegno nazionale “Le donne producono sapere, salute, cambiamento”. Due giornate vissute un po’ di corsa vista la quantità dei temi toccati e la complessità di rendere appieno il lavoro che i Centri stanno facendo per aiutare le donne che subiscono violenza e per cambiare una società, quella italiana, ancora restia ad affrontare in maniera decisa questo fenomeno. Sono migliaia le donne che si rivolgono ogni anno ai Centri e che vengono ospitate nelle Case rifugio per sfuggire ai maltrattamenti domestici; questo fenomeno ha una connotazione sociale radicata nei rapporti tra i generi poiché la violenza alle donne agita dagli uomini ha lo scopo di ridurre l’altro ad uno stato di completa subordinazione e si connatura nelle pieghe della normalità sociale. Non è possibile sconfiggere la violenza senza una rielaborazione dei rapporti tra i generi ed una riflessione-azione da parte delle componenti istituzionali della società per prevenire la violenza alle donne e ai/alle bambini/e.
La strada da percorre è ancora lunga basta guardare il disequilibrio a livello regionale rispetto agli interventi istituzionali a sostegno dei Centri ed ancor di più a livello nazionale dove non esiste alcuna legge specifica nonostante nell’ultimo decennio sia emersa, da parte degli organismi internazionali e della Comunità europea, una presa di posizione precisa ed articolata in materia di violenza alle donne.
Ultima in ordine di tempo è la risoluzione Onu “Donne 2000: uguaglianza tra i sessi, sviluppo e pace per il ventunesimo secolo” (2000) in cui si ribadisce che la violenza colpisce le donne nei loro diritti fondamentali, suffragata dal “Primo rapporto mondiale su violenza e salute dell’Oms” del 2002 dove emerge che il rischio maggiore per le donne è rappresentato dalla famiglia: la metà delle donne che muoiono per omicidio è uccisa dal partner e, in base a 48 studi compiuti sulla popolazione, almeno una donna su quattro subisce violenza dal partner nel corso della vita.
La normativa comunitaria prevede invece misure volte a prevenire la violenza sui bambini, gli adolescenti e le donne attraverso il Programma d’azione comunitaria Daphne 2000-2003. In Italia assistiamo ad una stasi se non addirittura ad un riflusso rispetto alla condizione femminile nella società, basta guardare l’esigua rappresentanza delle donne nelle istituzioni che frena pesantemente la possibilità di far passare nuove iniziative a favore delle donne, la mancanza di formazione ai giovani di entrambi i sessi di formazione ad uno sguardo di genere e di educazione alle differenze, oppure la discussa legge sull’affido congiunto e della mediazione famigliare che nei casi di violenza non funziona anzi espone a gravi rischi la donna, inoltre il rischio di abolizione dei Tribunali per i Minori e la lotta contro la componente onoraria non togata dei giudici per i minorenni portata avanti dal Ministro Castelli. Se ne è parlato durante la tavola rotonda, coordinata da Nicoletta Livi Bacci dell’Associazione Artemisia di Firenze, dove sono intervenuti: Daniela Abram, avvocata di Bologna, Colette De Troy, European Women’s Lobby, Fabio Roia, magistrato di Milano, Marina Piazza, sociologa e Presidente della Commissione Pari Opportunità dal 2000 al 2003, Patrizia Romito, Università di Trieste, Anna Serafini, prima firmataria della proposta di legge sui Centri antiviolenza (2001), Raffaella Sutter, Pari Opportunità del Comune di Ravenna e Raffaella Calabrese, commissario capo della polizia di stato e coordinatrice della sezione sui reati sessuali.
Ufficio stampa della Casa delle donne per non subire violenza
Elena de Concini e Anna Pramstrahler