Perché un centro antiviolenza si occupa di tratta?
La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro la donna (Nazioni Unite 1993) include esplicitamente la tratta e la prostituzione forzata tra le forme di violenza di genere:
“La violenza contro le donne dovrà comprendere […] la violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene all’interno della comunità nel suo complesso […] incluso il traffico delle donne e la prostituzione forzata”.
Le donne migranti vittime di tratta e sfruttamento accolte dalla Casa delle donne nell’ambito del progetto Oltre la strada sono in primo luogo vittime di violenza.
La loro esperienza migratoria è stata infatti caratterizzata da violenze fisiche, sessuali economiche e psicologiche. Spesso la condizione di violenza sussiste anche nel Paese d’origine all’interno del proprio contesto familiare. La fase dell’elaborazione del progetto migratorio e della decisione di partire è spesso caratterizzata da uno stato di assoggettamento; a volte le donne sono sollecitate dalle stesse famiglie che vedono nella loro partenza una possibilità di guadagno.
Il viaggio può avvenire con varie modalità, più o meno rischiose e violente; in questa fase le donne perdono ogni diritto e si affidano alle organizzazioni che si occupano del transito per poi passare nelle mani di chi sfrutterà la loro situazione di vulnerabilità legale ed economica nel Paese di destinazione. E’ qui che si realizza pienamente la condizione di assoggettamento e sfruttamento sessuale e di conseguenza l’esposizione al rischio di violenza fisica, economica, sessuale e psicologica…
Il Protocollo delle Nazioni Unite sulla Tratta di esseri umani (Palermo, 2000) considera un elemento non rilevante che la vittima sia o meno consenziente al momento della partenza così come all’arrivo. Questo è un aspetto essenziale per attribuire correttamente lo status di vittima di tratta ad una donna che sceglie di partire o di sottostare ad un’organizzazione criminale a causa del proprio stato di povertà, delle pressioni da parte della famiglia, o di uno status di “non persona” dovuto alla mancanza dei documenti necessari al soggiorno nel Paese.
La condizione di completa dipendenza dai trafficanti prima e dagli sfruttatori poi, sommata ai traumi e alle violenze subite, vanno ad intaccare nelle donne il senso di fiducia in sé e negli altri, la capacità di gestire la propria autonomia o di avere spirito di iniziativa. Si crea sfiducia nelle proprie capacità, vengono intaccate l’identità personale e il modo di vivere le relazioni di intimità.
L’esperienza di tratta, sfruttamento e violenza di ciascuna donna è un fattore essenziale da tenere in considerazione nell’elaborazione di un percorso di protezione e integrazione sociale. La storia di tratta che ogni donna ha vissuto caratterizza e definisce i suoi particolari bisogni rispetto al servizio; il progetto migratorio di una donna vittima di tratta è ancora in atto nel momento in cui questa entra in contatto con un centro antiviolenza, dunque è fondamentale collaborare con lei alla ricostruzione di quel progetto che l’ha condotta alla decisione di partire per l’Italia.
Per questo motivo, le operatrici coinvolgono le donne nel definire quali siano i loro bisogni e gli obiettivi da raggiungere, ponendo delle priorità e costruendo insieme un programma individualizzato.
Il femicidio nell’ambito della tratta a scopo di sfruttamento sessuale
Il femicidio è l’espressione e la conseguenza più estrema della violenza fisica, sessuale, economica e psicologica che le donne vittime di tratta e sfruttate nella prostituzione, subiscono proprio in quanto donne.
Gli omicidi di donne che si prostituiscono rientrano a pieno titolo nella categoria dei femicidi, proprio perché la violenza che queste donne subiscono è la chiara espressione di una disparità di potere tra i sessi e di una pretesa di controllo da parte maschile sul corpo femminile. Le donne che svolgono attività di prostituzione vengono uccise in quanto donne allo stesso modo delle donne che muoiono per mano dei fidanzati, mariti, amici. La ragione di tali omicidi è sempre da ricercarsi in uno squilibrio di potere e nella difficoltà di instaurare una relazione paritaria.
Gli omicidi di donne che si prostituiscono non sono quindi da ridurre a casi di violenza estrema connessi agli ambienti della criminalità; tale semplificazione condurrebbe infatti all’eliminazione della dimensione di genere della violenza esercitata.
In Italia attualmente manca un osservatorio nazionale sul fenomeno del femicidio. La Casa delle donne per non subire violenza Onlus effettua annualmente una ricerca basata sui dati della stampa relativa all’anno in corso. Tale analisi prende in considerazione e comprende, proprio per i motivi sovraesposti, gli omicidi avvenuti nell’ambito della prostituzione. Questi ultimi, tuttavia, non sono facilmente individuabili a causa della scarsa visibilità e del disinteresse che i media dimostrano per le storie di vita e di morte di giovani donne straniere vittime di tratta nel nostro Paese.