Il programma di accoglienza attuato dal progetto Olas della Casa delle donne prevede tre fasi specifiche: la presa in carico: in cui viene valutata la situazione della donna, le viene fornito un orientamento legale e soddisfatte le prime necessità. Il percorso: in cui vengono attuate in parallelo le azioni di regolarizzazione e le attività di empowerment. L’inclusione sociale: in cui la donna viene inserita nel mondo del lavoro al fine di realizzare un’autonomia socio-economica che la porterà a concludere il percorso con noi.
Le donne hanno anche la possibilità di usufruire di un programma di rimpatrio assistito attuato dall’ Associazione Governativa O.I.M.
Il progetto Olas dispone di un appartamento dato in convenzione dal Comune di Bologna per offrire un’opportunità abitativa alle donne che aderiscono ai percorsi. Le donne vengono ospitate fino al raggiungimento di un’autonomia economica e abitativa, che col passare degli anni sembra sempre più difficile da raggiungere dati i cambiamenti del mercato del lavoro che non offre più molte possibilità di assunzione o propone contratti a tempo e retribuzione limitati, tanto da non poter garantire quasi mai alla donna una certa stabilità.
a)Percorso migratorio e accoglienza
L’accoglienza delle donne straniere che aderiscono al programma tiene conto della metodologia specifica elaborata dalla Casa delle donne rispetto alla relazione di aiuto secondo la quale le donne sono le protagoniste attive del proprio percorso finalizzato all’autonomia. Il progetto contribuisce ad ottimizzare le risorse e la conoscenza dei loro diritti e del territorio.
In generale le donne accolte hanno passati di violenza riconducibili al paese di origine che si è perpetrata assumendo nuove forme e diversi carnefici durante tutto il percorso migratorio.
Il momento stesso in cui decidono di partire può essere caratterizzato da uno stato di assoggettamento, a volte sono sollecitate dalle famiglie che vedono nella loro partenza una possibilità di guadagno.
Il viaggio può avvenire con varie modalità, più o meno rischiose e violente; in questa fase le donne perdono ogni diritto e si affidano alle organizzazioni che si occupano del transito per poi passare nelle mani di chi sfrutterà la loro situazione di vulnerabilità legale ed economica traendone vantaggi di diverso tipo.
Il Protocollo della convenzione dell’Onu ritiene un elemento non rilevante che la vittima sia o meno consenziente al momento della partenza così come all’arrivo. Questo è un aspetto essenziale per attribuire correttamente lo status di vittima ad una donna che sceglie di partire o di sottostare ad un’organizzazione criminale a causa del proprio stato di povertà, delle pressioni da parte della famiglia, o di uno status di “non persona” per mancanza dei documenti di soggiorno.
La condizione di completa dipendenza dai trafficanti prima e dagli sfruttatori una volta arrivate in Italia, sommata ai traumi subiti, causati dalle violenze o dalla paura di morire, vanno ad intaccare nelle donne il senso di fiducia negli altri, la capacità di gestire la propria autonomia o di avere spirito di iniziativa. Si crea sfiducia nelle proprie capacità, vengono intaccate l’identità personale e il modo di vivere le relazioni di intimità.
Per questo motivo spesso le donne non vogliono denunciare i propri sfruttatori e anche quando lo fanno tendono a creare un rapporto di dipendenza con i servizi, chiedendo che gli operatori e le operatrici si sostituiscano a loro in tutto ed esprimono giudizi negativi nel momento in cui queste aspettative sono deluse. Per le donne nigeriane, numerosissime tra le nostre beneficiarie negli ultimi anni, la situazione è aggravata dal fatto che spesso non conoscono la lingua italiana o sono analfabete anche rispetto alla lingua di origine.
E’ importante gestire l’accoglienza come specifico intervento dentro un sistema più ampio di servizi perchè il rischio è quello di non produrre autonomia ma al contrario, di creare dipendenza della persona e cronicizzare la condizione di bisogno di aiuto.
La storia che ogni donna porta dentro di sé è un fattore essenziale rispetto al presente e al tipo di percorso che si porterà avanti insieme a lei. Quello che la donna lascia nel paese di origine la caratterizza e definisce dei particolari bisogni rispetto al sevizio, perché il suo percorso migratorio è ancora in atto e deve essere portato avanti. Le operatrici coinvolgono le donne nel definire quali siano i loro bisogni e gli obiettivi da raggiungere, ponendo delle priorità e costruendo insieme un programma individualizzato.