a) Quadro normativo internazionale
La Convenzione e i Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 e ratificati dall'Italia con la legge n. 146 del 16 marzo 2006 hanno trattato per la prima volta in modo sistematico il problema del traffico illegale dei clandestini e della tratta di esseri umani, chiarendo che si intende per Smuggling of migrants: “procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte(1) di cui la persona non è cittadina o residente permanente”.
Per Trafficking of human beings si intende: “reclutare, trasportare, trasferire, ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia dell’impiego di forza o di altre forme di coercizione, rapimento, di frode, inganno, abuso di potere o di posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha l’autorità sull’altra a scopo di sfruttamento sessuale, lavoro o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi”.
A norma del Protocollo sul trafficking il fatto che la vittima fosse o meno consenziente non è rilevante se uno qualsiasi di questi mezzi elencati è stato utilizzato. Prevede inoltre forme di protezione in favore delle vittime di tratta.
La convenzione n.197 del Consiglio d’Europa sulla lotta alla tratta di esseri umani, approvata a Varsavia nel 2005 e da poco ratificata dall’Italia, condanna la grave violazione dei diritti umani che la tratta determina, con particolare riferimento alla dignità, libertà, incolumità psicofisica della vittima. Dispone l’obbligo a carico degli Stati di realizzare un efficace contrasto della tratta attraverso meccanismi di protezione delle vittime con un approccio non discriminatorio e introduce un sistema integrato di assistenza alle vittime stesse, mediante misure per la tutela dei dati personali, permessi di soggiorno speciali, ammissione al gratuito patrocinio, costituzione di un fondo per le vittime (L. 108 del 02/07/2010).
b) quadro normativo italiano
L’art.18 del Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. 286/98) prevede la possibilità di rilasciare uno speciale permesso di soggiorno in favore delle persone straniere vittime di violenza o grave sfruttamento ove emergano gravi pericoli per la loro incolumità a causa del tentativo di sottrarsi ai condizionamenti dell’organizzazione criminale o a causa delle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale. La norma sottolinea l’esigenza sul piano sociale di assicurare immediata protezione a una parte considerata debole e non ha un valore premiale di un contributo dato al corso delle indagini di polizia giudiziaria proseguite in sede penale.
Si consente l’inserimento definitivo dello straniero nel contesto sociale, prevedendo l’istituzione di un programma preposto proprio a favorire prima la protezione e successivamente l’inclusione sociale della persona, mediante l’accesso ai servizi assistenziali, allo studio e al lavoro e il rilascio di un permesso di soggiorno rinnovabile e convertibile in altro tipo di permesso di soggiorno.
La legge n.228 dell’ 11 Agosto 2003 ha introdotto nell’ordi¬namento giuridico italiano una specifica ipotesi di reato: la tratta di esseri umani. La nuova legge ridefinisce le fattispecie criminose connes¬se alla riduzione in stato servile, riformulando gli artt. 600, 601, 602 del codice penale ed estende a questi delitti la disciplina prevista per il reato di associa¬zione a delinquere contemplato nell’art. 416 c.p.
Il reato di tratta è punito con la reclusione da otto a venti anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti sono commessi in danno di minore di diciotto anni o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.
La legge 228/03 inoltre rafforza il sistema di tutela delle vittime mediante l’isti¬tuzione di un fondo per le misure antitratta (art. 12 L.228/03) diretto a finanziare programmi di assistenza e di inte¬grazione sociale, nonché delle altre finalità di protezione sociale previste dall’art. 18 T.U. sull’immigrazione. La Legge prevede anche l’istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime (art. 13) e l’introduzione di misure di prevenzione da attuare mediante politiche di cooperazione definite dal Ministero degli Affari Esteri (art. 14).
c) applicazioni
Perché possa essere concesso il permesso di soggiorno art.18 è necessario che sussistano i seguenti presupposti:
a) situazione di violenza o di grave sfruttamento. Lo sfruttamento può perpetrarsi in vari ambiti, in quello della prostituzione, del mercato del lavoro, delle attività illecite, dell’accattonaggio.
b) il pericolo: che deve essere concreto, grave e attuale. Può riferirsi anche ad eventuali conseguenze nel paese di origine e comprendere i familiari delle vittime.
c) L’ipotesi di reato: in presenza di reati connessi alla prostituzione (induzione, favoreggiamento, sfruttamento, ecc.)
d) L’adesione ad un programma di assistenza e di integrazione sociale: l’art. 18 prevede che alla persona straniera possa essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari al fine di consentirne la partecipazione al programma finalizzato all’integrazione sociale realizzato da un ente pubblico o da un organismo privato che sia iscritto alla seconda sezione del registro di cui all’art.52 del d.P.R. 394/99. L’adesione al programma costituisce requisito necessario al fine della concessione del titolo di soggiorno
Il permesso di soggiorno ha una durata di 6 mesi e può essere rinnovato per una durata complessiva di 18 mesi. Qualora poi alla scadenza sia in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere convertito in motivi di lavoro (o di studio nel caso dell’iscrizione ad un corso di studi).
Il permesso può essere revocato in caso di: interruzione di programma, condotta incompatibile con le finalità dello stesso o quando vengano meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
Le disposizioni dell’art.18 si applicano anche ai cittadini di Stati membri dell’Unione Europea ai quali si riconoscono tutti i diritti connessi, in particolare quelli che prevedono l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, all’iscrizione nelle liste di collocamento, allo svolgimento di attività lavorativa.
d) I diversi tipi di sfruttamento e l’art. 18 atipico
Il progetto Olas della Casa delle donne per non subire violenza si pone come obiettivo quello di far luce su tutte le forme di sfruttamento di cui sono vittime moltissime donne migranti in Italia.
Sebbene l’art. 18 faccia riferimento in primis ai reati connessi alla prostituzione, vari riferimenti normativi consentono di applicare la norma ad altre fattispecie e dunque a quelle situazioni di sfruttamento delle persone straniere che nel corso del tempo sono divenute sempre più frequenti quali lo sfruttamento del lavoro, dell’accattonaggio, e nelle attività illegali.
Al fine dell’attivazione di un percorso art 18 atipico deve sussistere una “situazione di grave sfruttamento” e “pericolo attuale e concreto”, requisiti richiamati dalla norma.
Con la circolare del 24 Agosto 2007 il Ministero dell’Interno per la prima volta si è soffermato sul fenomeno del grave sfruttamento lavorativo, riconoscendone la diffusione e la gravità e ha invitato i Questori a rilasciare i permessi di soggiorno per motivi umanitari alle vittime di tali vicende.
Le violenze e le forme di tratta non legate alla prostituzione avvengono in luoghi come le case o luoghi di lavoro a cui gli operatori di strada o le stesse Forze dell’ordine non riescono ad accedere facilmente.
Lo sfruttamento lavorativo delle donne migranti è un fenomeno decisamente meno visibile di quello legato al mercato del sesso. Questo fenomeno si sviluppa e trae la sua forza da una tolleranza maggiore rispetto al fenomeno della prostituzione perché ritenuto “normale” in moltissimi contesti lavorativi.
Nel caso specifico delle donne, spesso lo sfruttamento è duplice perché quello lavorativo è estremamente correlato con lo sfruttamento sessuale e episodi di violenza.
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1. Stato che aderisce a un trattato o accordo internazionale